O Padre,
che hai risuscitato il tuo Cristo
e lo hai costituito capo e salvatore,
accresci in noi la luce della fede,
perché nei segni sacramentali della Chiesa
riconosciamo la presenza del Signore risorto
che continua a manifestarsi ai suoi discepoli.
Nei 50 giorni fra Pasqua e Pentecoste approfondiamo il mistero del Risorto nel suo prolungarsi nella vita della Chiesa. Oggi è proclamato l’epilogo del Vangelo di Giovanni, che corrisponde al prologo: come il Verbo esiste prima d’incarnarsi, così continua ad esistere dopo la morte fisica. Non ci ha lasciati: è ancora tra noi. Non lo vediamo con gli occhi della carne, ma chiediamo al Padre la luce della fede per imparare a riconoscere la sua presenza nei segni sacramentali, nei pastori che ci guidano, a cominciare dal Papa (che Caterina da Siena chiamava “dolce Cristo in terra”), nella normalità della vita quotidiana.
Gesù si manifesta ai suoi sul mare di Tiberiade in una situazione di fallimento: “quella notte non presero nulla” (Gv 21,3). Ma dopo la pesca abbondante ecco il grido del discepolo amato: “è il Signore!” (Gv 21,7). Solo la parola del Maestro poteva riempire la loro rete vuota. E l’invito “venite a mangiare” (Gv 21,12) il pane e il pesce sul fuoco di brace richiamava la moltiplicazione dei pani e dei pesci e le parole dell’ultima cena. Poi la triplice domanda di Gesù a Simone: “mi ami?” riscatta il suo triplice rinnegamento. La prima lettura esalta il coraggio di Pietro che davanti al sinedrio dà su Gesù una forte testimonianza: “Dio lo ha innalzato alla sua destra capo e salvatore” (Atti 5,31). Sì, dopo l’incontro con Cristo tutto cambia, tutto si rischiara: con Lui risorto risorgiamo anche noi dalle nostre colpe. Possiamo sempre ricominciare e andare avanti.
Sr. M. Rosangela Bruzzone
È il Signore
O Padre,
che hai risuscitato il tuo Cristo
e lo hai costituito capo e salvatore,
accresci in noi la luce della fede,
perché nei segni sacramentali della Chiesa
riconosciamo la presenza del Signore risorto
che continua a manifestarsi ai suoi discepoli.
Nei 50 giorni fra Pasqua e Pentecoste approfondiamo il mistero del Risorto nel suo prolungarsi nella vita della Chiesa. Oggi è proclamato l’epilogo del Vangelo di Giovanni, che corrisponde al prologo: come il Verbo esiste prima d’incarnarsi, così continua ad esistere dopo la morte fisica. Non ci ha lasciati: è ancora tra noi. Non lo vediamo con gli occhi della carne, ma chiediamo al Padre la luce della fede per imparare a riconoscere la sua presenza nei segni sacramentali, nei pastori che ci guidano, a cominciare dal Papa (che Caterina da Siena chiamava “dolce Cristo in terra”), nella normalità della vita quotidiana.
Gesù si manifesta ai suoi sul mare di Tiberiade in una situazione di fallimento: “quella notte non presero nulla” (Gv 21,3). Ma dopo la pesca abbondante ecco il grido del discepolo amato: “è il Signore!” (Gv 21,7). Solo la parola del Maestro poteva riempire la loro rete vuota. E l’invito “venite a mangiare” (Gv 21,12) il pane e il pesce sul fuoco di brace richiamava la moltiplicazione dei pani e dei pesci e le parole dell’ultima cena. Poi la triplice domanda di Gesù a Simone: “mi ami?” riscatta il suo triplice rinnegamento. La prima lettura esalta il coraggio di Pietro che davanti al sinedrio dà su Gesù una forte testimonianza: “Dio lo ha innalzato alla sua destra capo e salvatore” (Atti 5,31). Sì, dopo l’incontro con Cristo tutto cambia, tutto si rischiara: con Lui risorto risorgiamo anche noi dalle nostre colpe. Possiamo sempre ricominciare e andare avanti.
Sr. M. Rosangela Bruzzone