O Dio, Padre buono,
che nel tuo Figlio unigenito
ci hai dato il sacerdote compassionevole
verso i poveri e gli afflitti,
ascolta il grido della nostra preghiera
e fa’ che tutti gli uomini vedano in lui
il dono della tua misericordia.
Questa Colletta definisce “grido” la nostra preghiera. S’ispira a Bartimeo, il cieco di Gerico di cui l’odierno Vangelo (Mc 10,46-52) racconta la guarigione. Non vede, ma può ascoltare e parlare: invoca Gesù, figlio di Davide, ultima sua speranza per uscire dalla cecità e dall’emarginazione. La folla tenta di zittirlo ma lui non si scoraggia e grida più forte: vuole ancora essere vivo e sentirsi vivo. Grida non solo il suo dolore ma soprattutto la sua fede: riconosce in Gesù il Messia, il sacerdote misericordioso evocato dalla seconda lettura: Colui che “è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza” (Eb 5,2).
Sì, Cristo è il nostro sommo sacerdote, il solo vero mediatore fra Dio e l’umanità, perché nella sua persona Dio e uomo sono intimamente e misteriosamente connessi. In quanto Dio Gesù è misericordioso verso l’uomo, in quanto uomo è pienamente solidale con i suoi fratelli. Questa sua compassione l’ha acquisita a prezzo di dure prove: ha assunto, innocente, le conseguenze del peccato. In Lui possiamo dunque passare dal timore alla fiducia. Possiamo gridare e aspettare, finché ci chiama in ogni Eucaristia. Gridiamo senza pretese, ma senza poterci dare pace: “Abbi pietà, Signore, di questo mondo che sembra aver smarrito il cuore, come afferma papa Francesco nella sua ultima enciclica. Abbi pietà!”.
Sr. M. Rosangela Bruzzone
Abbi pietà!
O Dio, Padre buono,
che nel tuo Figlio unigenito
ci hai dato il sacerdote compassionevole
verso i poveri e gli afflitti,
ascolta il grido della nostra preghiera
e fa’ che tutti gli uomini vedano in lui
il dono della tua misericordia.
Questa Colletta definisce “grido” la nostra preghiera. S’ispira a Bartimeo, il cieco di Gerico di cui l’odierno Vangelo (Mc 10,46-52) racconta la guarigione. Non vede, ma può ascoltare e parlare: invoca Gesù, figlio di Davide, ultima sua speranza per uscire dalla cecità e dall’emarginazione. La folla tenta di zittirlo ma lui non si scoraggia e grida più forte: vuole ancora essere vivo e sentirsi vivo. Grida non solo il suo dolore ma soprattutto la sua fede: riconosce in Gesù il Messia, il sacerdote misericordioso evocato dalla seconda lettura: Colui che “è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza” (Eb 5,2).
Sì, Cristo è il nostro sommo sacerdote, il solo vero mediatore fra Dio e l’umanità, perché nella sua persona Dio e uomo sono intimamente e misteriosamente connessi. In quanto Dio Gesù è misericordioso verso l’uomo, in quanto uomo è pienamente solidale con i suoi fratelli. Questa sua compassione l’ha acquisita a prezzo di dure prove: ha assunto, innocente, le conseguenze del peccato. In Lui possiamo dunque passare dal timore alla fiducia. Possiamo gridare e aspettare, finché ci chiama in ogni Eucaristia. Gridiamo senza pretese, ma senza poterci dare pace: “Abbi pietà, Signore, di questo mondo che sembra aver smarrito il cuore, come afferma papa Francesco nella sua ultima enciclica. Abbi pietà!”.
Sr. M. Rosangela Bruzzone