O Dio,
che hai promesso di stabilire la tua dimora
in coloro che ascoltano la tua Parola e la mettono in pratica,
manda il tuo santo Spirito,
perché ravvivi in noi la memoria
di tutto quello che Cristo ha fatto ed insegnato.
Oggi la liturgia parla della Chiesa nelle vicende della storia (il Concilio di Gerusalemme, prima lettura) e alla fine dei tempi (la visione della città santa, risplendente della gloria divina, seconda lettura). Tra il “già” e il “non ancora”, tra l’esilio e la patria, la sua speranza è sostenuta dalla presenza di Dio. Nel discorso di addio offerto dal Vangelo Gesù fa capire ai suoi che la separazione è apparente: un modo per stare più vicino, dentro quelli che ama. La sua compagnia non sarà più a portata di mano ma a portata di cuore! È un salto vertiginoso di qualità: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23). Ma un fuoco lasciato a se stesso si spegne. Come tener vivo il dono? Con la docilità allo Spirito. Il Paraclito è l’avvocato di Gesù, ne difende la Parola in noi, la fa attecchire, c’insegna a coltivare i pensieri di Cristo. Ha scritto sant’Agostino: “Accostarsi al Vangelo senza lo Spirito Santo è come voler leggere un libro al buio”. “Lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14,26). La memoria dà spessore all’amore. Che cosa ci ricorda con dolce insistenza lo Spirito se non il fatto che nel Verbo fatto carne siamo figli di Dio, partecipi della sua vita? Ci sentiamo davvero a casa, in uno spazio di gratuità, intimità, libertà.
Sr. M. Rosangela Bruzzone
Una casa abitata
O Dio,
che hai promesso di stabilire la tua dimora
in coloro che ascoltano la tua Parola e la mettono in pratica,
manda il tuo santo Spirito,
perché ravvivi in noi la memoria
di tutto quello che Cristo ha fatto ed insegnato.
Oggi la liturgia parla della Chiesa nelle vicende della storia (il Concilio di Gerusalemme, prima lettura) e alla fine dei tempi (la visione della città santa, risplendente della gloria divina, seconda lettura). Tra il “già” e il “non ancora”, tra l’esilio e la patria, la sua speranza è sostenuta dalla presenza di Dio. Nel discorso di addio offerto dal Vangelo Gesù fa capire ai suoi che la separazione è apparente: un modo per stare più vicino, dentro quelli che ama. La sua compagnia non sarà più a portata di mano ma a portata di cuore! È un salto vertiginoso di qualità: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23). Ma un fuoco lasciato a se stesso si spegne. Come tener vivo il dono? Con la docilità allo Spirito. Il Paraclito è l’avvocato di Gesù, ne difende la Parola in noi, la fa attecchire, c’insegna a coltivare i pensieri di Cristo. Ha scritto sant’Agostino: “Accostarsi al Vangelo senza lo Spirito Santo è come voler leggere un libro al buio”. “Lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14,26). La memoria dà spessore all’amore. Che cosa ci ricorda con dolce insistenza lo Spirito se non il fatto che nel Verbo fatto carne siamo figli di Dio, partecipi della sua vita? Ci sentiamo davvero a casa, in uno spazio di gratuità, intimità, libertà.
Sr. M. Rosangela Bruzzone