O Dio,
fonte della gioia e della pace,
che hai affidato al potere regale del tuo Figlio
le sorti degli uomini e dei popoli,
sostienici con la forza del tuo Spirito,
perché non ci separiamo mai dal nostro pastore
che ci guida alle sorgenti della vita.
Questa preghiera ci fa sentire al sicuro, immersi nel dinamismo dell’Amore trinitario. Non siamo dimenticati, abbandonati a noi stessi. Gesù è il pastore che conduce il suo gregge alle fonti della vita. Le sue pecore ascoltano la sua voce e lo seguono. Sono conosciute da lui una per una. Gli appartengono. Sono proprietà anche del Padre. Dio si fida del Figlio tanto da regalargli la cosa più preziosa che ha: noi! Siamo il dono che si sono scambiati! Come minimo dovremmo mutare idea su noi stessi.
Incuranti di ogni accusa di pecorismo siamo contenti di rimanere affettuosamente docili sotto la mano di Cristo, pastore buono, bello, vero, legittimo, unico! Il tocco rassicurante del suo vincastro ci sostiene quando il cammino si fa arduo. Non vogliamo separarci da lui, per non diventare schiavi di padroni umani o di ideologie. Solo lui può portarci al Padre, lui che è nel seno del Padre e ce lo ha rivelato. Lo fa rendendoci partecipi della sua stessa vita divina, vita che vince la morte, vita offerta a chiunque crede in lui. Non c’è bisogno di aspettare il Paradiso. Già qui la vita con lui è piena, vera, riuscita. La gioia che viene da lui è frutto dello Spirito e permane anche nelle tribolazioni. La pace nasce dalla coscienza di appartenere a lui, che è “uno” con il Padre. Sì, possiamo fare nostre con stupita gratitudine le parole del salmo: “Egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo”.
Sr. M. Rosangela Bruzzone
Gesù Pastore
O Dio,
fonte della gioia e della pace,
che hai affidato al potere regale del tuo Figlio
le sorti degli uomini e dei popoli,
sostienici con la forza del tuo Spirito,
perché non ci separiamo mai dal nostro pastore
che ci guida alle sorgenti della vita.
Questa preghiera ci fa sentire al sicuro, immersi nel dinamismo dell’Amore trinitario. Non siamo dimenticati, abbandonati a noi stessi. Gesù è il pastore che conduce il suo gregge alle fonti della vita. Le sue pecore ascoltano la sua voce e lo seguono. Sono conosciute da lui una per una. Gli appartengono. Sono proprietà anche del Padre. Dio si fida del Figlio tanto da regalargli la cosa più preziosa che ha: noi! Siamo il dono che si sono scambiati! Come minimo dovremmo mutare idea su noi stessi.
Incuranti di ogni accusa di pecorismo siamo contenti di rimanere affettuosamente docili sotto la mano di Cristo, pastore buono, bello, vero, legittimo, unico! Il tocco rassicurante del suo vincastro ci sostiene quando il cammino si fa arduo. Non vogliamo separarci da lui, per non diventare schiavi di padroni umani o di ideologie. Solo lui può portarci al Padre, lui che è nel seno del Padre e ce lo ha rivelato. Lo fa rendendoci partecipi della sua stessa vita divina, vita che vince la morte, vita offerta a chiunque crede in lui. Non c’è bisogno di aspettare il Paradiso. Già qui la vita con lui è piena, vera, riuscita. La gioia che viene da lui è frutto dello Spirito e permane anche nelle tribolazioni. La pace nasce dalla coscienza di appartenere a lui, che è “uno” con il Padre. Sì, possiamo fare nostre con stupita gratitudine le parole del salmo: “Egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo”.
Sr. M. Rosangela Bruzzone