O Padre, che hai voluto salvare gli uomini
con la croce del tuo Figlio unigenito,
concedi a noi, che abbiamo conosciuto in terra il suo mistero,
di ottenere in cielo i frutti della sua redenzione.
Il titolo della festa odierna è paradossale: è possibile esaltare un legno intriso di sangue, che ha raccolto gli ultimi spasimi di tanti condannati? Solo Cristo, con l’offerta della sua vita, ha trasformato questo strumento di crudeltà e di morte in segno di salvezza, in icona di misericordia. L’incarnazione del Verbo si è fatta tangibile fino all’estremo. Quindi oggi la Chiesa esalta non la sofferenza, più o meno accettata o subita, ma il sacrificio. Non sono i chiodi, è l’amore a tener fisso Gesù a quel patibolo. Leggere la croce nel suo lato glorioso non significa considerarla simbolo di forza o di eroismo, ma scorgervi il trionfo della vita, il riscatto del dolore nella speranza, il senso profondo del nostro patire. L’asse orizzontale della croce abbraccia tutta l’umanità. L’asse verticale è piantato in terra, nella nostra condizione umana, e punta verso l’alto, verso il cielo. Cristo scende nella morte da solo, ma risale al Padre portando con sé tutti noi.
L’antifona d’inizio riporta le parole di san Paolo: “Non ci sia per noi altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo”. Perché è emblema della nostra redenzione, distintivo della nostra religione, raffigurazione sensibile della nostra fede. Ci ricorda fino a qual punto Dio ci ha amato!
Sr. M. Rosangela Bruzzone
L’amore innalzato
O Padre, che hai voluto salvare gli uomini
con la croce del tuo Figlio unigenito,
concedi a noi, che abbiamo conosciuto in terra il suo mistero,
di ottenere in cielo i frutti della sua redenzione.
Il titolo della festa odierna è paradossale: è possibile esaltare un legno intriso di sangue, che ha raccolto gli ultimi spasimi di tanti condannati? Solo Cristo, con l’offerta della sua vita, ha trasformato questo strumento di crudeltà e di morte in segno di salvezza, in icona di misericordia. L’incarnazione del Verbo si è fatta tangibile fino all’estremo. Quindi oggi la Chiesa esalta non la sofferenza, più o meno accettata o subita, ma il sacrificio. Non sono i chiodi, è l’amore a tener fisso Gesù a quel patibolo. Leggere la croce nel suo lato glorioso non significa considerarla simbolo di forza o di eroismo, ma scorgervi il trionfo della vita, il riscatto del dolore nella speranza, il senso profondo del nostro patire. L’asse orizzontale della croce abbraccia tutta l’umanità. L’asse verticale è piantato in terra, nella nostra condizione umana, e punta verso l’alto, verso il cielo. Cristo scende nella morte da solo, ma risale al Padre portando con sé tutti noi.
L’antifona d’inizio riporta le parole di san Paolo: “Non ci sia per noi altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo”. Perché è emblema della nostra redenzione, distintivo della nostra religione, raffigurazione sensibile della nostra fede. Ci ricorda fino a qual punto Dio ci ha amato!
Sr. M. Rosangela Bruzzone