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Il Figlio mio, l’amato

Dio onnipotente ed eterno,
che dopo il battesimo nel fiume Giordano
proclamasti il Cristo tuo amato Figlio
mentre discendeva su di lui lo Spirito Santo,
concedi ai tuoi figli di adozione,
rinati dall’acqua e dallo Spirito,
di vivere sempre nel tuo amore.

 

 

A Betlemme Gesù fu stretto al seno da Maria; oggi, riemerso dal Giordano, è avvolto dalla voce del Padre. La dinamica del suo Battesimo è duplice come quella del Natale: la nostra carne in Dio in risposta al Dio fatto carne, noi immersi nella sua vita e Lui nella nostra. Il Vangelo presenta una teofania trinitaria: si aprono i cieli che la disobbedienza di Adamo aveva chiusi e su Cristo, nuovo Adamo, scende lo Spirito con il suo frutto di pace, sotto la forma della colomba che, dopo il diluvio, portava a Noè il rinnovo dell’alleanza tra Dio è l’umanità. Il cielo si squarcia perché vita esca, perché vita entri: vita nuova, piena, eterna. L’Amore annulla le distanze. L’Innocente si mette in fila con quanti vanno da Giovanni per confessare i peccati. Il Battista si scandalizza, ma Gesù inaugura uno stile nuovo: non la giustizia che separa e giudica, ma quella che unisce, abbatte le barriere. “Lascia fare per ora”. La salvezza dipende dalla nostra disponibilità a lasciar fare a Dio. Fin dal giorno del nostro Battesimo, quando il Padre ha rivolto a noi le stesse tre parole: “Questi è il Figlio mio, l’amato, nel quale mi sono compiaciuto”. Ecco la nostra identità: riceviamo la vita come un figlio la riceve dal padre e viviamo di quest’amore e di nient’altro.

Sr. M. Rosangela Bruzzone

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